“Sono onorato dell’assegnazione di questo incarico, che definisce nuove prospettive nella mia vita. Inoltre, tengo a dirvi che sarò all’altezza della vostra fiducia e del vostro rispetto, e farò del mio meglio per condividere con voi tutto ciò che favorisce la pace e la giustizia e promuove l’umanità dei popoli, delle società e dei Paesi”.
Così è intervenuto ultimamente, a Roma, il libanese Hussein Mohamad Ali Ghamlouche, investito, nella carica di Ambasciatore internazionale della Pace, da Daniel Santu Biko, Direttore generale del CULPAC, Consiglio Universale per la Pace delle Nazioni e dei Continenti: ONG internazionale, con sede a Bruxelles, che, fondata nella Repubblica Democratica del Congo, da 44 anni realizza iniziative umanitarie per la pace, la promozione dei Diritti dell’Uomo e lo sviluppo delle più varie attività culturali, sociali, sportive e del tempo libero.
Ma chi è, umanamente e professionalmente, Hussein Mohamad Ali Ghamlouche?
Nato a Beirut, studia Economia e commercio in Libano, poi nel 2000 arriva in Italia, dove rimane, inizialmente, per poco tempo. Subito dopo è il ritorno in Libano: dove Hussein si sposa, avendo poi due bambini.
”Ma quando il più piccolo aveva appena 4 mesi”, ha spiegato, “e in Libano infuriava nuovamente il conflitto con Israele nel 2006, con mia moglie decidemmo, pur a malincuore, di lasciare il Paese e stabilirci in Italia, per poter far crescere più tranquillamente i nostri figli (il grande, infatti, ora studia informatica). In Italia, ho potuto affermarmi lavorando nei settori immobiliare e dell’import-export (che avevo già iniziato a seguire in Libano), viaggiando anche parecchio in Europa, Africa e Medio Oriente, e acquisendo competenze nel settore, specialmente, dei macchinari industriali”.
LA VITA PROFESSIONALE E CIVILE
Ma com’è nato l’interesse soprattutto per l’Africa, che il CULPAC ha ritenuto determinante, nel decidere di conferire ad Hussein questo prestigioso incarico?
“Lavorando e viaggiando molti anni in Africa”, ha proseguito Hussein, “ho potuto constatare da vicino la condizione, tipica di quasi tutte le nazioni del “Continente nero”, di Paesi ricchi di risorse determinanti per l’economia moderna, ma, al tempo stesso, molto poveri economicamente in quanto impossibilitati finanziariamente a far valere le loro capacità sociali e culturali. Quindi non potevo più restare a guardare, dovevo fare qualcosa per aiutare questi popoli: almeno donando ai poveri del luogo diversi prodotti che nel mio lavoro non servivano, o offrendo gratuitamente consulenze che sono essenziali per la loro vita quotidiana, in campo alimentare, finanziario, della formazione professionale, ecc… Tutto questo volendo anche compiere una precisa scelta di campo: restituendo agli africani l’orgoglio di un’appartenenza e di un antica identità civile e culturale, leggittima, e in fondo non troppo lontana da quelle del Vecchio Continente. La stessa cosa, allargando il discorso, ho deciso di fare con quanti, dall’ Africa o dal Medio Oriente, affrontano l’avventura – spesso, com’è noto, piena di insidie – dell’emigrazione in Europa, e specialmente in Italia. Tutto questo mi ha permesso di farmi conoscere nell’ambiente del CULPAC: che gradualmente mi ha fatto partecipe d’un loro importante programma, con frequenti spostamenti tra Bruxelles – sede, al tempo stesso, dell’Unione Europea e del Consiglio Universale per la Pace delle Nazioni e dei Continenti – e l’Africa. Sino a ricevere, ultimamente (con decisione già presa dal Consiglio, d’accordo con la UE, nel 2022), la dignità di Ambasciatore della Pace, che mi onora profondamente”.
I PROGETTI PER IL FUTURO
“Quali iniziative vorrei realizzare, come Ambasciatore della Pace? Le idee sono tante, chiaramente, ma, al giorno d’oggi (fatte salve, ovviamente, possibili situazioni del tutto nuove, per le quali sono indispensabili soluzioni nuove), direi che, per far progredire davvero tanti Paesi del Terzo Mondo, basterebbe già tradurre in pratica tanti progetti delle Nazioni Unite e della stessa unione Europea, che sinora sono rimasti nel cassetto, o si sono realizzati solo in parte. A guardar bene, una vera miniera di idee, e strumenti per attuarle, la cui utilizzazione permetterebbe a tutto il mondo di progredire. Questo, partendo dal settore che da sempre ritengo primario, civilmente, culturalmente, politicamente: cioè la tutela dei diritti umani. Non a caso, proprio in questi giorni ho fatto stampare un piccolo libretto-guida alla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani proclamata dall’ONU a Dicembre 1948; un testo che tanti dicono d’aver letto, ma ben pochi hanno davvero capito.
E’ appunto sul terreno dei Diritti Umani, che oggi si possono veramente gettare ponti fra popoli e fra Stati. E gettare ponti tra i popoli significa anche aiutare realmente le fiumane di immigrati che ogni anno si imbarcano per l’Europa o altri continenti: ma nel pieno rispetto del diritto internazionale e delle leggi e della cultura dei Paesi che decidono di accoglierli. Questo comporta la necessità di programmi organici, bilaterali o sovranazionali, per far conoscere adeguatamente, ai migranti, la lingua e l’ordinamento giuridico dei Paesi a cui s’indirizzano: anche per realizzare progetti in tanti settori, dai diritti della Donna alla sanità, lo sport, il tempo libero. Quanti drammi esplodono, ogni anno, proprio per l’ignoranza di questi aspetti fondamentali? E l’ignoranza spesso è reciproca: bisogna pure far conoscere meglio, ai Paesi accoglienti, la cultura di quanti arrivano sul loro suolo, spesso provenienti da Paesi anche loro di antica civiltà. Se guardiamo bene, ci rendiamo conto che il lavoro da svolgere, in sede sia di organizzazioni sovranazionali che di governi nazionali ed enti locali, è ancora enorme. Dobbiamo abbattere, insomma, i muri dell’ignoranza, della corruzione che crea confusione e dei conseguenti, reciproci, pregiudizi”.
L’UOMO E LA SUA FAMIGLIA
”Io – aggiunge, in ultimo, l’Ambasciatore di Pace – amo molto leggere, specialmente le opere di autori come, ad esempio, il poeta ed artista libanese dell’Otto-Novecento,, poi naturalizzato statunitense, Khalil Gibran; e saggi sulla vita e il pensiero del Profeta. Ma soprattutto, amo dedicarmi alla famiglia, ai miei figli; in una prospettiva, chiaramente, non solo personale. Sviluppare, far crescere con affetto il legame con la propria famiglia è essenziale per ogni uomo, per la crescita dell’identità sua e, appunto, dei suoi familiari: mentre i figli, in ogni Paese, rappresentano davvero il futuro, una risorsa essenziale per tutte le famiglie, l’intera società e l’intera nazione. Specialmente, direi, per quanti, come me, vivono tra due Paesi (nel mio caso, Libano e Italia), in continua dialettica tra due culture, due religioni, due diversi ordinamenti e in parte sistemi di valori”.
Infine dò un consiglio a tutti: non bisogno mai dimenticare che siamo umani e tali dobbiamo rimanere. Nel 1978 l’Assemblea generale dell’Onu ha adottato la risoluzione 33/73 sulla preparazione delle società a vivere in pace. L’articolo 1 di tale risoluzione dichiara: “Ogni nazione e ogni essere umano, a prescindere da considerazioni di razza, coscienza, lingua o sesso, ha il diritto intrinseco a vivere in pace. Il rispetto di tale diritto, al pari degli altri diritti umani, risponde agli interessi comuni di tutta l’umanità e costituisce una condizione indispensabile per il progresso di tutte le nazioni, grandi e piccole, in tutti i campi.”